Nato nel 1984 da madre argentina e padre peruviano, Carlos Atoche si avvicina subito all’arte attraverso il padre, scultore di maschere di legno. Successivamente, attirato a Roma dal patrimonio artistico e architettonico della città, si diploma in pittura all’Accademia di Belle Arti.
Durante gli studi si appassiona alla street art e scopre che proprio i mural rappresentano per lui lo strumento ideale per esprimersi e che dipingere in strada, favorire lì l’incontro tra arte e pubblico, significa legare l’opera al contesto e ai suoi fruitori.
Il suo stile è inconfondibile: si va dalle rivisitazioni, citazioni e “scherzi” di e con opere dei più grandi pittori del Rinascimento alle decontestualizzazioni subacque di sculture classiche adagiate su fondali marini in compagnia di pesci tropicali.
L’artista Peruviano ama i “feticci” dell’arte dunque e non solo quelli classici come dipinti o sculture ma anche quelli popolari. Il feticcio per Atoche è quello che la società ha visivamente consumato e “divinizzato”, un mito con cui giocare e attorno al quale costruire nuove insolite cattedrali.
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