Preghiera al Tramonto

Luis Gomez De Teran, Preghiera al Tramonto, via Fincati 14, IV edizione Muri Sicuri, 6, 7 e 8 Marzo 2020.

Una parete alta venti metri e tre giorni per dipingerla.

Da solo.

Un piccolo miracolo di resistenza, tecnica e tenacia che ben rappresentano il momento storico in cui ci troviamo.

Se il duo Solo-Diamond aveva il compito di celebrare il compleanno del quartiere Garbatella con l’opera Oh my darling Clementine, l’artista italo-venezuelano Luis Gomez de Teran aveva quello di rappresentare le difficoltà delle persone che ancora vivono nelle aree colpite dal terremoto. Famiglie alle quali è ogni anno dedicata la manifestazione.

Luis, bozzetto e pennelli alla mano, in cima al suo braccetto meccanico, ha iniziato a dipingere nel più tradizionale e classico dei modi, ossia seguendo lo schema della quadrettatura. L’opera è stata pensata per integrarsi perfettamente nella naturale scansione doppia della facciata del palazzo di via Fincati e consta infatti di due versioni dello stesso soggetto.

Ci troviamo di fronte a due mani, o meglio, a due versioni della stessa mano (la destra) e proprio come leggessimo un testo, la loro trasformazione va letta da sinistra verso destra.

La mano a sinistra, la prima da guardare, manda un messaggio chiaro di dolore. Un simbolismo religioso per nulla nascosto, nitido e potente.
Il richiamo al più celebre sacrificio della storia, quello cristologico, è perfettamente rappresentato da un chiodo tridimensionale che ne penetra il polso.
Il chiodo è una vera e propria scultura aggiunta alla bidimensionalità della parete, il colore arrugginito in contrasto con l’incarnato della mano e l’insolita presenza su una parete altresì piatta è impossibile da non notare.
La mano, curva su se stessa, contratta nel dolore, rimanda immediatamente alla sofferenza, alla morte, sia essa causata da un evento naturale come quello del terremoto, che da qualsiasi altro.

Ma non è che qui finisca la storia del mondo per Luis e infatti lo scenario, nel lato destro, cambia completamente. La stessa mano è in una posizione diversa, più distesa, come ad aprirsi lentamente e tornare in vita. A supporto di questo messaggio si aggiungono altre divergenze: il chiodo è infatti sparito e sostituito da delicatissimi e fragilissimi fiori bianchi che nascono dal polso e dal palmo.
I piccoli boccioli che tenacemente spuntano dalle carni prima ferite, rimandano alla potenza buona della Natura che torna (e concede) nuova vita.

Questo viaggio narrativo di rimbalzo tra morte e rinascita è coronato da una particolarità che emerge più forte a un secondo sguardo globale all’opera: le dita sono affusolate, il polso è sottile. Nonostante l’iconografia cristologica sembri predominante, le due mani sono indubbiamente quelle di una donna. Il piano semantico cambia d’improvviso e l’allegoria davanti a cui ci troviamo è quella della donna/madre terra/natura che nasce e muore.
Una generatrice di vita che torna al mondo rimbiancata di speranza.

Per citare le parole dell’artista: “La crosta terrestre del pianeta, che trema e si spacca per poter crescere e assestarsi e l’uomo, che di questo processo può diventare dolorosa vittima, può poi al pari della natura riassestarsi e rinascere”.

Il titolo dell’opera “Preghiera al Tramonto” ci pare un ultimo speranzoso segno di rinascita. Impossibile non pensare a un voluto richiamo a “Preghiera in gennaio” di Fabrizio De Andrè, pezzo scritto a seguito del suicidio di Luigi Tenco.

“L’inferno esiste solo/Per chi ne ha paura/Ascolta la sua voce/Che ormai canta nel vento/Dio di misericordia/Vedrai, sarai contento”.

Al freddo di gennaio con cui comincia l’anno e il tempo, quello del rispetto e dell’accettazione della morte e del dolore, Luis contrappone la consolazione di un caldo tramonto, richiamato dai colori dell’opera stessa, un tramonto dove il dolore finisce e il tempo si prepara all’alba della rinascita di una nuova vita.